Resoconto "Pasolini la censura, il potere" a cura LICEO GALVANI

Pasolini: la censura, il potere
Bologna, Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, 14/12/2015


Lavoro di gruppo di Cristiano Caffarelli, Edoardo Costa, Alessio Pin, con la collaborazione alla
prima stesura di Caterina Di Lucchio; redazione finale di Cristiano Caffarelli – classe 5O - Liceo L. Galvani, Bologna


Per il quarantennale della morte di Pier Paolo Pasolini, la Fondazione Gramsci Emilia-Romagna ha reso omaggio alla figura di Pier Paolo Pasolini organizzando un incontro intitolato “Pasolini, la

censura, il potere” in collaborazione con la Scuola di Lettere e Beni Culturali dell'Alma Mater
Studiorum.
Hanno partecipato Marco Antonio Bazzocchi (Università di Bologna), Roberto Chiesi (Centro Studi  Pier Paolo Pasolini della Cineteca di Bologna) e Antonio Gnoli (La Repubblica).
Il primo ad intervenire, il professor Bazzocchi, ha spiegato diversi aspetti di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, ultimo film di Pasolini girato nel 1975 che nel corso del tempo ha raccolto attorno a sé numerosi giudizi e critiche. Il film consiste in un intreccio di elementi del “Decameron” di Giovanni Boccaccio e della struttura infernale proposta da Dante Alighieri. Durante le riprese del film aleggiava un sentimento di inquietudine e di incertezza fra i componenti della troupe, poiché il regista non faceva trapelare le sue intenzioni riguardo l'ambiguità e l'interpretazione controversa di alcune scene. Altri testimoni presenti durante le riprese di Salò, al contrario, hanno riportato come tutti i ragazzi fossero istruiti e disciplinati durante la realizzazione delle scene e come lo stesso Pasolini riuscisse ad impartire le istruzioni ai vari componenti della troupe in maniera serena e professionale. Questo contrasto di visioni sulla realizzazione del film ha portato ad accentuare l’ambiguità o meglio la molteplicità delle posizioni della critica attorno ad esso. In seguito il professore si è focalizzato sulla scena della masturbazione.
Per affrontare questo tema, Pier Paolo Pasolini riprende la domanda di de Sade, da cui l’autore bolognese ha tratto il titolo, gli ambienti e alcuni dialoghi del film: “In che modo è possibile stabilire il vero sesso di un fanciullo o di una fanciulla?”. L'autore spiega inoltre il significato della gesticolazione dell'amore: secondo lui, l'atto sodomitico è quello più banale e inutile, è un'azione meccanica e ripetitiva in quanto la sua esecuzione è sempre la medesima. Tali caratteristiche coincidono con quelle dei gesti compiuti dai carnefici. Egli cerca di stabilire, quindi, come si identifica il vero sesso. A differenza di de Sade, però, che parlava di ragazzini e ragazzine, che quindi non hanno ancora preso coscienza della propria sessualità, Pasolini si riferisce a fanciulle e fanciulli. “Il solo modo per verificare è la masturbazione nei punti del loro corpo”, risponde uno dei quattro signori del film, cioè intendendo che è necessario verificare la vera identità sessuale di un individuo attraverso l'atto della masturbazione. A questo punto la cinepresa punta su tutti e quattro i signori scalzi seduti in una stanza completamente spoglia e successivamente compaiono un ragazzo e una ragazza, ripresi in posizione sdraiata dalla prospettiva dei piedi, i quali sono coloro che devono subire la verifica. Perciò, su di lui si sdraia un collaborazionista di nome Guido e su di lei la signora Vaccari. La rappresentazione dei quattro personaggi scalzi deriva da una nota immagine comparsa nel 1967 in un famoso giornale francese che ritrae i rappresentanti del movimento strutturalista francese Michel Foucault, Claude Lévi-Strauss, Roland Barthes e Jacques Lacan seduti in semicerchio ognuno con indosso soltanto un gonnellino primitivo in un ambiente esotico. Anche se ognuno di essi aveva un pensiero filosofico diverso rispetto agli altri, il loro punto di contatto era la volontà di dare una spiegazione alternativa della natura umana. Pasolini, quindi, riproducendo in maniera similare le pose di quei quattro intellettuali francesi, spiega come attraverso il gesto della masturbazione i quattro signori stiamo riflettendo sul significato della natura umana.
Nel momento in cui la signora Vaccari e Guido masturbano i due giovani, essi godono di un
potere sessuale su di loro che corrisponde alla detenzione del potere politico da parte dei fascisti.
Emerge, quindi, un'immagine del potere come forma assoluta per esprimere il proprio volere. I
signori provocano una masturbazione indotta perché hanno bisogno di far rientrare nella loro logica di potere anche la sessualità, e la masturbazione è il mezzo per ottenere la scoperta della verità del corpo. Quando il ragazzo, Sergio, e la ragazza provano piacere durante l'atto compiuto dai due adulti, dimostrano di essere veramente un maschio e una femmina. Alla fine della prova si meritano un premio, ovvero la loro unione in matrimonio (fittizia) con altre tre coppie di giovani.
A questo proposito, riprendendo il rapporto che per Foucault esisteva tra il sesso, la libertà e
la verità, il professor Bazzocchi ha esplicato la netta differenza fra la concezione di sessualità per i Greci e i Cristiani: molti storici sostengono che i primi erano liberi, mentre i secondi erano
censurati, ma questa ricostruzione è una pura invenzione. In realtà per i Greci il sesso aveva a che
fare con la verità, al contrario i Cristiani per accedere alla verità devono purificarsi da tutto ciò che riguarda l’atto sessuale.1 Questa purificazione implica che ognuno stabilisca con se stesso un certo rapporto di verità che possa far capire in che rapporto egli si trova col desiderio, poiché il rapporto sessuale nella cristianità riguarda l’esclusività dell’individuo. Analizzando il rapporto tra verità e sesso, Pasolini capì come le scene di sesso presenti nella “Trilogia della vita” fossero in realtà scene pornografiche e per questo le abiurò e girò “Salò”.
Alla fine dell'intervento si è giunti alla conclusione che il potere anarchico rappresentato nel
film, attraverso l’atto di masturbazione indotta, dà agli individui una coscienza del proprio corpo
senza, però, dare nessun tipo di piacere, poiché l’atto è di per sé condizionato da un’entità superiore (in questo caso i quattro signori) che detiene il potere. Questo potere vuole dominare anche nell’atto della sessualità, considerato un atto di verità, ma non più spontaneo.
Successivamente è intervenuto Roberto Chiesi della Cineteca di Bologna. Egli si è soffermato sul
rapporto di Pasolini con la censura. All'epoca dell'Italia neofascista, sessuofoba e censoria, in cui il corpo femminile non si rappresentava, Pier Paolo Pasolini gira nel 1961 “Accattone”. Quando il
film venne sottoposto alla commissione di censura, quest’ultima non si pronunciò, con il chiaro
intento di rovinare il produttore. L’intellighenzia dell’epoca, sia cinematografica che non, si schierò a favore del film, con l’obiettivo poi raggiunto di far intervenire direttamente il ministero che autorizzò il dissequestro del film. Molte battute furono comunque censurate o modificate. Nella versione originale, ad esempio, quando Accattone scopre che Stella è la figlia di una prostituta dice “pure mi’ madre lo farebbe per me”, mentre in quella censurata cambia in “nullo sa in che situazione si può trova’ una madre. Fatte coraggio Ste’!”; oppure, quando egli svergina la ragazza, nella versione originale Accattone chiede esplicitamente “Allora non t’hanno mai toccata, sei vergine?”, mentre nella censura cambia in “Allora non t’hanno mai toccata, ma è vero?”.
Nel 1962 Pasolini realizza “La ricotta” e il film viene contestato ancora prima di essere prodotto. Infatti, il regista propone la sceneggiatura ad un produttore, Roberto Amoroso, che, scandalizzato, lo denuncia. Il processo durò sei anni e alla fine venne condannato il produttore stesso. Altri personaggi, tra cui un magistrato, accuseranno il film di blasfemia per attaccare Pasolini stesso, il quale era considerato da molti un soggetto scomodo. Tutti i processi che vedranno il regista coinvolto si risolveranno però nella sua totale assoluzione. Nella sua produzione cinematografica, Pier Paolo Pasolini inseriva appositamente delle scene censurabili estremamente scandalose per fare in modo che almeno le altre più significative venissero divulgate. I suoi film più scandalosi furono anche quelli che ebbero più successo, con l’unica eccezione de “La Ricotta”, che nonostante i numerosi casi giudiziari lasciò impassibile il pubblico dell’epoca.
Il 1971 fu l'anno del “Decameron”, primo film della “Trilogia della vita”, il quale scatenò uno scandalo di dimensioni inimmaginabili. L’Italia degli anni Settanta, al contrario del decennio precedente, già proliferava di nudi femminili sullo schermo, ma nonostante ciò il film subì ottanta
denunce, molte delle quali si riferivano a scene che nel film non esistevano. Questo fenomeno mostrò la parte più sessuofoba dell’Italia di quegli anni, piena di fantasmi e di paure che trascendevano quella che era la realtà dei fatti.
I “Racconti di Canterbury” del 1972 sollevò allo stesso modo del “Decameron” un grande 1 L'argomento è da chiarire meglio.
clamore dovuto soprattutto alla rappresentazione di diversi membri maschili e al vilipendio della
religione che apparentemente il film mostrava. “Salò” del 1975 non subì allo stesso modo un’accanita critica da parte della censura, ma venne comunque sequestrato e dissequestrato numerose volte fino al 1977, anno in cui il film poté circolare tranquillamente in Italia. Infine, Antonio Gnoli, redattore delle pagine culturali de “La Repubblica”, ha condotto una riflessione sul ruolo della censura per il successo dell'intellettuale. Possiamo ben comprendere la grandezza di Pier Paolo Pasolini, uno degli autori più rappresentativi del Novecento come Italo Calvino e Pasolini, attraverso la sua energia (un vitalismo esplorativo che ricorda quello dannunziano) e il suo obiettivo di contestare il mondo del consumismo, si è rivelato uno degli intellettuali cardine del secolo. Egli, inoltre, ha contribuito alla valorizzazione delle realtà particolari e più povere, tra cui il Friuli e, soprattutto, le borgate romane situate a Roma sud. Ma quanto ha contribuito la censura al successo della figura di Pier Paolo Pasolini anche nei giorni nostri?
Attraverso un veemente accanimento nei suoi confronti, la censura ha permesso a questo intellettuale di mostrare e far comprendere al pubblico la sua ossessione e, allo stesso tempo, il suo disprezzo nei confronti del potere. Il potere della modernità neocapitalista assorbe il movimento progressivo della storia facendo coincidere il progresso con lo sviluppo dei consumi. A questo paradigma Pasolini, che non considera tale “sviluppo” come “progresso”, oppone la sua estraneità, e propone un’alternativa di tipo mitologico, sul mondo dei reclusi che sono per il momento scampati all’inquinamento borghese: un luogo (la borgata, la trilogia della vita, il mito greco) prossimo alla scomparsa.
Allo stesso modo critica i soggetti che fanno parte della storia, compresi gli studenti e anche il proletariato degli anni dal '68 in poi, il quale ricerca la propria emancipazione all’interno dei confini del cosiddetto progresso, poiché rinnegando le proprie radici aspira all'integrazione, alla
“omologazione” nella società borghese, mentre si schiera dalla parte degli emarginati, i quali sono visti da Pasolini come l’alternativa alla storia.
Successivamente il giornalista ha ripreso l'allegoria del film “Salò” e in particolare all’immagine dei quattro strutturalisti francesi del 1967 citata precedentemente da Marco Bazzocchi. I quattro personaggi, seppur in maniera diversa, si sono ricollegati nel loro pensiero al mito del “Bon sauvage” di Rousseau, respingendo l’eredità sartriana secondo la quale il soggetto decide e si impegna. Pasolini sussume questo pensiero, in particolare quello di Foucault, riflettendo sull’individuo corporale e sulla sua relazione con le leggi. Entrambi pensano che l’uomo deve liberarsi dalla concezione nata durante la rivoluzione francese secondo cui l’individuo è formato da diritti a lui concessi, poiché questi diritti possono essere a lui revocati dal potere in qualsiasi momento. Il potere fascista rappresentato nel film agisce proprio in questo modo e questa revoca dei diritti provoca una perversione patologica in cui il potere in generale, soprattutto quello anarchico rappresentato in “Salò”, si ritrova. Il potere anarchico, inoltre, non avendo un codice definito al di fuori di quello naturale, crea un circolo vizioso dove l’individuo e il soggetto spariscono lasciando spazio solo al corpo in quanto tale. Questo pensiero ha ispirato il campo della biopolitica, cioè un tipo di potere incentrato sul controllo delle persone in quanto corpi viventi, e soprattutto la visione che Pasolini aveva della morte, cioè di una morte riconducibile all’idea cristiana del disfacimento dei corpi. Un disfacimento comparabile, sempre secondo Pasolini, alla disgregazione che la società stava subendo attraverso il progresso.
In conclusione, Gnoli ha sottolineato come l’importanza del corpo fosse un elemento di fascino e di verità per Pasolini, degno quindi di essere rappresentato e mostrato in tutta la sua interezza e la sua forma, ma, infine, soggetto anch'esso alla mercificazione e all'abuso da parte del potere.

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