Relazione incontro Marchesini a cura LICEO COPERNICO




"Marchesini racconta: l'ultimo Pasolini"

Resoconto dell'  incontro  con Matteo Marchesini al Liceo Galvani “Pasolini e i giovani”

a cura di Barbara Bruni, 5I, Liceo Copernico



                                                                                                  
Un piacevole pomeriggio di metà febbraio e una meravigliosa biblioteca degli anni '40 del XVIII secolo sono l'ambientazione perfetta per entrare in contatto con una delle tante sfaccettature pasoliniane. A presentarla in maniera molto personale e innovativa è Matteo Marchesini, giovane scrittore, poeta e critico letterario. Ad ascoltarlo, studenti e professori dei licei della città.
La figura intellettuale di Pasolini è stata ampiamente analizzata e discussa sotto diverse e spesso opposte prospettive, che hanno impedito  di poterne stabilire un’immagine  definitiva. È possibile però delineare un percorso di evoluzione stilistica, in parte influenzato anche dal susseguirsi dei ben noti eventi storici entro cui Pasolini è vissuto ed ha operato come poeta, scrittore e saggista.

Siamo partiti dal suo background culturale: egli nasce negli anni '20 del Novecento a Bologna e fin dalla prima giovinezza entra in contatto con le forme artistiche, fortemente chiuse in se stesse, che caratterizzano la letteratura degli anni del fascismo . Lo stesso Roberto Roversi, suo compagno di liceo, testimonia che i temi trattati da Pasolini in quegli anni non erano affatto politici, come invece diventeranno in seguito. Già allora però si notava la predisposizione alla pedagogia, in chiara contraddizione col suo forte narcisismo.

Intorno ai quarant’anni anni sopraggiunge in lui il bisogno di denunciare in maniera realistica la nuova condizione sociale dell'Italia, di fare poesia come manifesto sociologico.  Infatti, il 'boom economico' degli anni '60 non apporta modifiche solo all'economia del paese, interviene anche sul modo di essere della gente, la cambia dentro, portando così alla nascita di una nuova classe piccolo - medio borghese, ai cui falsi valori non si sottraggono neppure le giovani generazioni. Le parole taglienti de Il PCI ai giovani!1 non lasciano dubbi: Pasolini sferra una feroce critica agli atteggiamenti pseudo-rivoluzionari dei giovani contestatori, accusandoli di essere «prepotenti, ricattatori e sicuri - tipiche - prerogative piccoloborghesi».

L'omologazione, a suo avviso, rappresenta il genocidio della società, la perdita dei veri valori. Porta l'esempio dei capelloni, di come un simbolo rivoluzionario sia diventato una banale moda giovanile senza contenuti2: i giovani si chiudono nel loro ghetto e interrompono ogni forma di contatto col mondo esterno, rifiutando qualsiasi tipo di riavvicinamento coi loro genitori. Tema analogo viene affrontato nuovamente nelle Lettere Luterane, dove Pasolini evidenzia l'anonimia delle nuove generazioni, tutte uguali, tutte grigie, senza più alcuna «luce negli occhi».

Pasolini incita i giovani a prendere in mano il loro futuro, a uscire dagli schemi non per assomigliare a qualcuno ma per seguire un ideale in cui si crede, a essere originali e a non seguire le convenzioni dettate dall'omologazione.

Penso che questo consiglio trasmessoci con grande incisività da Matteo Marchesini sia prezioso anche ai giorni d'oggi. Non dobbiamo lasciarci travolgere dalle nuove tendenze col rischio di eliminare le nostre convinzioni, non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, dobbiamo essere noi stessi.



“Essi sono in realtà andati più indietro dei loro padri, risuscitando nella loro anima terrori e conformismi, e, nel loro aspetto fisico, convenzionalità e miserie che parevano superate per sempre.”2




Note:
1. Il PCI ai giovani! è una poesia pubblicata il 16 giugno 1968 su L'Espresso a seguito degli scontri fra studenti e poliziotti avvenuti a Valle Giulia.
2. cfr. Contro i capelli lunghi, articolo sul Corriere della Sera del 7 gennaio 1973 (successivamente inserito negli Scritti Corsari del 1975).





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