Relazione incontro Veggetti 1 a cura LICEO DA VINCI

Il cinema di Pier Paolo Pasolini
Incontro del 18.02.2016 con Gabriele Veggetti  
a cura di Clelia Negozio, 5a BU L. Da Vinci

Pier Paolo Pasolini, oltre ad essere stato un noto scrittore, si è affermato anche per la sua produzione filmica in linea con il carattere anticonformista che lo ha contraddistinto in tutte le sue espressioni artistiche.
Il 18 febbraio, durante l’incontro che si è tenuto tra gli studenti del Liceo “Leonardo da Vinci” e il critico cinematografico Gabriele Veggetti, sono state analizzate la visione pasoliniana del cinema e la sua filmografia.

La lingua della realtà
In un primo momento si sono messe a confronto le concezioni della settima arte che avevano Christian Metz ed Umberto Eco con quella del regista bolognese: se per Pasolini il cinema è una lingua universale in grado di essere compresa da tutti, per Metz risulta essere un “linguaggio d’arte”,  mentre Umberto Eco lo descrive come un insieme di segni iconici (i fotogrammi), di cinèmi (le figure visive) e di cinemorfi, (le inquadrature), all’interno di un sistema semiologico “forte”.
I termini adoperati, “lingua” e “linguaggio”, contrariamente a quanto si intende nell’accezione comune, non sono sinonimi, ma presentano un’importante differenza semantica, su cui si fondano queste diverse posizioni.
Metz nel saggio Cinema: lingua o linguaggio? (1964) chiama il cinema “linguaggio d’arte” poiché è privo della doppia articolazione, formata da monemi e fonemi, che contraddistingue una lingua; per Pasolini, nel suo La lingua scritta della realtà (1969), questa doppia articolazione invece esiste ed è composta dai cinèmi, analoghi ai fonemi, che sono elementi della realtà presenti nell’inquadratura, e dalle inquadrature, analoghe ai monemi.
Cinèmi ed inquadrature compaiono tutti insieme istantaneamente, lasciando un effetto detto “continuum visivo”, caratterizzato quindi dal movimento, qualcosa che l’uomo ha sempre tentato di rappresentare sin dalle sue origini e di cui abbiamo una testimonianza già nella pittura rupestre del Paleolitico, dove gli animali appaiono raffigurati con più tecniche.
Il cinema dunque è sempre esistito, ed è la realtà stessa ad essere una sorta di “cinema naturale” dove l’uomo, ovvero colui che allo stesso tempo è sia attore che spettatore, si rappresenta. Lo sviluppo nei secoli della tecnologia, che ha portato alla cibernetica e a sua volta a tecniche cinematografiche sempre nuove e sempre più sofisticate, ne ha permesso la registrazione.
Il cinema di poesia
Il rapporto di Pasolini con il cinema si articola ulteriormente, Veggetti infatti ha aperto la lezione definendolo “molto meditato” ed “intellettuale”.
Il cineasta espone la sua poetica cinematografica in una raccolta di saggi sulla letteratura e sul cinema, Empirismo eretico (1972). Guidato in parte dall’influenza ricevuta quando da giovane seguì le lezioni universitarie di Roberto Longhi (1890-1970), Pasolini considera che la focalizzazione debba distaccarsi da un cinema di prosa per indirizzarsi verso la poesia, che ha la possibilità di evocare un numero maggiore di immagini.
La poesia e l’arte si riflettono così sul cinema lasciando una traccia che talvolta si riesce a leggere con facilità nelle sue produzioni, come accade per la durezza nelle espressioni dei volti nel film Accattone, direttamente ispirati alla pittura  di Masaccio.

I film
L’ultimo aspetto toccato da Gabriele Veggetti durante la lezione è stato quello della filmografia pasoliniana, suddivisa in sei aree tematiche.
§     La prima area comprende la produzione cinematografica che ha come contesto le borgate di Roma, che per Pasolini rappresentano una realtà autentica connessa con il mondo incorrotto dal neocapitalismo, ovvero una realtà libera dall’omologazione di massa. In essa rientrano i film Accattone (1961), Mamma Roma (1962) La ricotta (1963).
§     Nella seconda area emerge la critica etica rivolta alla società dei consumi, con i film e documentari La rabbia (1963), Comizi d’amore (1964), Uccellacci e uccellini (1966), La terra vista dalla luna (1966) e Che cosa sono le nuvole (1967).
§     Il tema del sacro spicca nella terza area, con La ricotta (1963), Il vangelo secondo Matteo (1964), Teorema (1968).
§     Alla quarta, che si concentra sulla crisi delle strutture familiari, si possono ascrivere ancora Teorema e Porcile (1969).
§     La quinta area sviluppa il mito pasoliniano della purezza ancestrale, individuando come protagonisti uomini e mondi appartenenti a una dimensione primigenia o arcaica: è il caso di Edipo re (1967), Appunti per un film sull’India (1968), Appunti per un’Orestiade africana (1969), Le mura di Sana’a (1970), Medea (1970).
§     Nell’ultima area, definita “tetralogia della morte”, il tema che maggiormente spicca è l’eros nelle sue implicazioni vitalistiche e distruttive; vi troviamo il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972), Il fiore delle mille e una notte (1974) e Salò o le 20 giornate di Sodoma (1975).


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